Il fine più importante di un Orto Botanico è quello di tutelare la biodiversità della regione in cui esso viene istituito. Idealmente tutte le piante dovrebbero essere conservate come popolazioni che si evolvono in natura allo stato spontaneo (in situ); tuttavia, le piante che sono o potrebbero essere a rischio in natura, quelle utilizzate dall’uomo e quelle che si presume saranno necessarie in futuro, dovrebbero essere conservate anche fuori dai loro habitat naturali (ex situ), possibilmente sia in banche dei semi, sia in banche genetiche di campo. Conservazione in situ ed ex situ non devono essere considerate come alternative, ma come parti complementari di un’unica strategia.

Fra i circa 1600 orti botanici del mondo censiti da Botanic Gardens Conservation International solo la metà sono in qualche modo coinvolti in interventi di conservazione della biodiversità (Jackson, 1998). Il ruolo degli orti botanici in questa politica è rilevante, anche se la maggior parte delle strutture, soprattutto in Italia, rivelano un’impostazione del tutto inadeguata a perseguirla. Gli orti italiani, infatti, sono perlopiù frutto di situazioni storiche in cui prevaleva la cultura del collezionismo; gli spazi, le strutture e le esigenze di conservazione del valore storico impediscono ai vecchi orti botanici di assumere una reale funzione di tutela della biodiversità ex situ; è infatti necessario, per assicurare una efficacia in questo senso, pianificare una ponderata politica delle accessioni e garantirne una adeguata gestione, valutando attentamente il contesto fitogeografico in cui l’orto si inserisce e privilegiando la flora che non sia stata adeguatamente rappresentata in altre situazioni: l’Orto Botanico di Lecce si configura in questo progetto come una moderna struttura orientata alla conservazione.

Le piante in coltivazione si prestano alla ricerca in modo insostituibile rispetto a quelle che vivono in popolazioni naturali lontane e disperse. Gli Orti Botanici sono particolarmente adatti a intraprendere questa ricerca, specialmente per quanto riguarda le esigenze relative alla coltivazione, alla biologia riproduttiva e alla propagazione di singole piante. Le informazioni prodotte da questo tipo di ricerca sono essenziali per poter reintrodurre le piante in natura e per disporre di materiale idoneo al ripristino degli habitat.

La conservazione ex situ, almeno nel breve e medio periodo, è spesso l’unico strumento che consente di salvaguardare molte specie dall’estinzione o dall’erosione genetica, specialmente a livello locale. Le principali attività della conservazione ex situ comprendono:

 

 

 

 

 

Le strutture e le attrezzature che si prevede di realizzare nell’Orto Botanico di Lecce consentiranno certamente il mantenimento di un numero adeguato e rappresentativo di collezioni viventi e la creazione di banche genetiche di campo; il settore riproduzione permetterà di propagare specie rare o minacciate in quantità adeguata a supportare programmi di recupero naturalistico ed esperimenti di reintroduzione guidata. La propagazione in vitro e la coltura meristematica, che rientrano nelle attività effettuate dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Lecce, possono essere applicate all’ottenimento di materiale di interesse naturalistico, in particolare per quelle specie che contano popolazioni molto limitate in natura.

 

 

 

 

Per quanto riguarda la coltivazione di specie di interesse agrario e alimentare, molto è stato fatto per conservare le più importanti piante coltivate per l’alimentazione umana e quelle affini; tuttavia, non altrettanto impegno è stato profuso per conservare le numerose piante coltivate come fonte secondaria di cibo o di altri prodotti non alimentari. In tal senso appare indispensabile nell’ambito di questo progetto avviare la ricerca ed il recupero di specie o cultivar in via di scomparsa dagli ambienti agrari della nostra regione. Valga l’esempio delle piante da frutto. Una grande varietà di piante legnose veniva coltivata nell’ambiente mediterraneo; le specie più note (mandorlo, fico, pero, etc.) contavano un numero elevato di cultivar locali che erano ovviamente adattate alle particolari esigenze fitoclimatiche e pedologiche delle diverse aree e offrivano spesso un prodotto qualitativamente superiore di quelle coltivate attualmente; la standardizzazione genetica conseguente alle esigenze del mercato e l’introduzione di cultivar più produttive provenienti da altri paesi hanno fatto sì che il numero di varietà locali di queste specie si sia ridotto in modo consistente. Discorso analogo vale per le cosiddette specie minori; piante come il carrubo, il gelso, il nespolo europeo, il sorbo o l’azzeruolo, sopravvivono più nella memoria delle persone anziane che nelle nostre campagne. La coltivazione di tali specie e delle relative cultivar, può offrire una valida alternativa economica all’utilizzazione di terreni marginali e rientra peraltro nella politica di rilancio del territorio e delle sue risorse naturali che viene incoraggiata da tutti gli organi istituzionali.

Un altro campo di intervento è quello delle piante officinali; la regione mediterranea è certamente un centro di diffusione per questo tipo di piante; ciò è testimoniato peraltro dalla grande diffusione, fin dalle epoche più remote, dei cosiddetti "orti dei semplici". La coltivazione di specie di interesse officinale, mai attuata nel Salento con i necessari supporti scientifici, potrebbe, se attuata con criteri innovativi, produrre benefiche conseguenze per l’economia locale. Da qui la necessità di sviluppare, nell’istituendo orto, una ricerca mirata alla individuazione e alla selezione di specie di interesse farmaceutico, cosmetico e alimentare adatte ad una coltivazione su scala industriale.

La scelta che l’Orto Botanico di Lecce si concentri sulla flora propria e di regioni affini rientra in una politica che è ormai una prassi comune in paesi come l’Australia e il Sudafrica. Nel suo lavoro sulla flora locale, l’Orto Botanico di Lecce dovrebbe:

 

 

 

 

 

 

 

Il vantaggio principale che deriva dal concentrarsi sulla flora locale è quello di permettere una facile combinazione tra la conservazione in situ e quella ex situ; inoltre la selezione di specie della flora locale o comunque mediterranee assicura alle collezioni viventi la maggiore probabilità di crescita ottimale nel clima dell’Orto, con il minimo di cure e senza richiedere condizioni speciali (in particolare serre riscaldate).

L’Orto Botanico, in associazione con altre istituzioni per la conservazione, dovrà poi organizzare campagne per incoraggiare i vivaisti locali a coltivare e vendere un certo numero di specie minacciate considerando ciò come un mezzo per ampliare lo spettro di risorse genetiche in coltivazione; la sensibilizzazione dovrà essere attuata anche nei confronti di paesaggisti e di Enti locali, che dovrebbero usare le piante spontanee nei loro impianti a verde, quando opportuno.

Particolarmente interessante poi, a tale riguardo, è la possibilità di coltivare collezioni di piante esotiche provenienti da areali a clima mediterraneo; esistono infatti altri continenti (America, Africa, Australia) nei quali sono presenti ambienti con un clima di tipo mediterraneo e le cui specie spesso sono già note in coltivazione nel nostro paesaggio antropico. Una ricerca, già peraltro portata avanti da alcuni giardini di acclimatazione come Villa Hanbury a Ventimiglia, mirata ad individuare e a coltivare le entità botaniche idonee per usi ornamentali che abbiano esigenze ecologiche compatibili con l’ambiente dell’Orto, non può che apportare benefici al comparto vivaistico, che si orienterà verso la coltivazione di piante realmente adattate al clima locale.

Lo studio comparativo degli adattamenti morfo-fisiologici di entità provenienti da ambienti similari a quello salentino, darà inoltre un ulteriore impulso alla conoscenza degli ecosistemi di tipo mediterraneo.

Nei riguardi del pubblico l’Orto Botanico dovrà svolgere una funzione di divulgazione e sensibilizzazione rivolta a suscitare la comprensione e la consapevolezza delle necessità e dei metodi relativi alla conservazione e allo sviluppo delle risorse fitogenetiche. In tal senso la scelta di differenziare l’ubicazione e l’impostazione dell’Orto Botanico di Lecce in due sezioni risulta dettata da motivi strategici. Nell’area annessa al Dipartimento di Biologia, accessibile con maggiore frequenza al personale di ricerca e tecnico e agli studenti, verranno create le strutture per la propagazione e per la sperimentazione, per la coltivazione di specie prevalentemente erbacee e per l’allestimento delle collezioni scientifiche (entità critiche, entità in pericolo, flora officinale, vecchie cultivar) e delle banche genetiche di campo. Nell’area "Marangi", di maggiore estensione e collocata in posizione più strategica rispetto alla città, verranno creati, con opportuni criteri espositivi, validi paesaggisticamente e con attenzione alla componente scenografica, veri e propri biotopi naturali, con le relative specie, per illustrare al pubblico le basi della biodiversità; verranno altresì create delle aree tematiche in cui esemplificare particolari fenomeni biologici e di adattamento morfologico o fisiologico, che serviranno ad aumentare nei fruitori la conoscenza del mondo vegetale; una quinta boscata circonderà l’area espositiva con funzione di isolamento visivo e protezione. Questa sezione verrà gestita dal Laboratorio di Botanica Sistematica ed Ecologia vegetale, ma si incoraggeranno, tramite opportune convenzioni, accordi e collaborazioni con l’Amministrazione Comunale, con Associazioni ambientaliste e con altri soggetti pubblici e privati al fine di aumentare e diversificare la fruizione e ripartire i costi di gestione. L’Orto Botanico verrà a svolgere così un’insostituibile funzione culturale e ricreativa in una città in cui la carenza di verde pubblico determina una grave mancanza di sensibilità naturalistica dei cittadini.

Grande importanza verrà data all’operazione di schedatura e catalogazione delle accessioni dell’Orto. L’uso di Personal computer, di database opportunamente progettati e adeguati alle direttive internazionali in materia di catalogazione, di scanner per digitalizzare le immagini e di reti telematiche (Internet), consentirà di trasferire le informazioni a chiunque sia interessato; report periodici verranno forniti a tutti gli Enti che curano la gestione del territorio.

I lavori di sistemazione, l’acquisto delle attrezzature e dei materiali ipotizzati e descritti in dettaglio nel successivo capitolo, rispondono alle linee programmatiche fin qui enunciate.

Il personale previsto nel presente progetto sarà opportunamente selezionato e addestrato, sulla base delle esigenze della fase di avvio della gestione dell’Orto. Per il personale esecutivo, attraverso moduli intensivi di addestramento, saranno sviluppate le necessarie competenze in botanica e orticoltura e quelle relative all’uso delle macchine per la manutenzione del verde.